Una persona meno fortunata di noi, nella sua sofferenza può darci una grande lezione di vita.
San Remo una volta all’anno monopolizza i palinsesti nazionali con il celeberrimo (quanto stantio) Festival della canzone italiana. Ogni tanto si parla di questa città , anche per la fiera dei fiori, per il casinò e per qualche infiltrazione mafiosa.
Ma qualche giorno fa si è parlato di San remo per gli arresti avvenuti in una clinica per anziani, definita clinica lager, in cui il personale maltrattava i vecchi percuotendoliselvaggiamente. Nello specifico quattro operatori sociosanitari più due infermiere, ripresi dalle telecamere nascoste delle forze dell’ordine, sfogavano le loro frustrazioni da esseri abietti, picchiando selvaggiamente queste persone così vulnerabili. Magari, poi, davanti ai familiari, gli stessi aguzzini dimostravano un atteggiamento affettuoso e dolce,non me ne meraviglierei.
Il caso mi riguarda molto da vicino, perchè una persona a me cara fino a poco tempo fa era ricoverata in una struttura simile. La persona in questione si chiama Esther, ed è la sorella di mia madre, malata dall’eta di 20 anni , in seguito a una meningite tifoidea. I medici curarono il tifo ma non la meningite.
Un errore di mala sanità avvenuto ormai più di 60 anni fa, che non ebbe nessuna conseguenza per quei maledetti dottori che rovinarono la vita a una ragazza nel fiore degli anni. ZiaEsterina,da noi così affettuosamente chiamata, quasi ottantaduenne, ha vissuto nella mia famiglia per quasi 40 anni, io la ricordo da sempre. Ricordo come nel corso degli anni abbia gradualmente perso il coordinamento verbale e motorio,in particolare quello degli arti inferiori, infatti ora è in sedia a rotelle. Mio padre, per amore di mia madre, ha accettato, che questa zia poco fortunata, facesse parte del nostro nucleo familiare sin dall’inizio della loro convivenza matrimoniale.
Arrivato alla pensione mio padre si è dedicato amorevolmente alla cura totale di mia zia, al fianco delle badanti che si alternavano nell’arco della settimana. Era sempre lui che quotidianamente la accompagnava in un centro Aias. In casa ci sono sempre state delle persone che supportavano i miei genitori nella gestione di Zia Esther, ma erano sempre loro in prima persona che si occupavano di nutrirla, lavarla e accudirla. Anche noi figli, abituati alla sua presenza ,siamo sempre stati, fin da piccoli, educati ad assisterla in una meravigliosa scuola di tolleranza e rispetto.
Circa un anno e mezzo fa, mia madre,per un temporaneo problema di salute in seguito ad un piccolo intervento, ha deciso, dopo essersi consultata con noi figli e mio padre, di mettere ZiaEsther in una struttura di assistenza per anziani. Le cose sono sempre andate bene all’interno della struttura, per come possono andar bene le cose in una struttura simile, fino a due mesi fa. Infatti mio padre si accorse, andandola a trovare dopo un periodo in cui non era riuscito a vederla con frequenza, che mia zia era deperita notevolmente calando tantissimo di peso.
A quel punto il personale della struttura ha comunicato che non mangiava da ben due settimane. A nostro parere, i responsabili non avrebbero dovuto aspettare che arrivasse a una situazione come quella e quindi avvisarci prima che la situazione precipitasse. Tutto ciò è successo nella prima decade di dicembre, cosicchè i miei genitori, per arginare la situazione, si sono recati quotidianamente a portare pranzo e cena a mia zia che riassaporando la cucina casalinga ha cominciato pian piano a rifiorire.
Sarà per sensi di colpa o per amore fraterno che mia madre, di comune intesa con tutta la famiglia, ha deciso di riportarla in casa Zia Esther è in casa con noi dal 9 di gennaio. Il personale della casa in cui era ricoverata ci ha consegnato le medicine che stava assumendo. Io che non sono medico ma sono capace a leggere i fogli illustrativi, mi sono subito accorto che si trattava di psicofarmaci pesantissimi. A quel punto ho chiamato un mio amico psichiatra, che ha confermato le mie intuizioni che con molta decisione ha affermato. “ Caro Pietro, in queste strutture alla carenza di personale sopperiscono con un massiccio uso di medicine. Va disintossicata e poi le darò io un’altra terapia”.
Ecco perchè aveva perso tanto peso e tonicità...infatti una delle controindicazioni di questi farmaci è la difficoltà a deglutire.
Io non voglio accusare nessuno, perchè anche coloro i quali lavorano in certe strutture ,molte volte sono costretti ad adottare certi comportamenti a causa di direttive errate e carenze di personale. Mia zia, da due giorni fa una flebo al giorno, per purificare il fisico intossicato da medicine. In attesa di una aiuto che presto arriverà,ora in casa la seguiamo in tre, io e i miei genitori. La notte a volte urla o si lamenta, così dobbiamo starle vicino. Quando mangia bisogna imboccarla, a volte inventando pantomime o stratagemmi come con i bambini. Oggi per la prima volta ha ricominciato a prendere il cibo con le sue mani. E per noi è stato come quando un genitore sente il figlio pronunciare, per la prima volta ’Mamma’.
Ma quando provi affetto per un familiare, non importa se ti sveglia o senti odori sgradevoli. L’amore va oltre tutto. Io ho voluto raccontare questo aspetto molto intimo della mia vita, per spiegare di quanto a volte ci dimentichiamo, vedendole come un peso, di persone a noi care. Io non sono un santo e nemmeno in me alberga lo spirito di un missionario, però sono una persona buona, non buonista, che ha la sensibilità di capire la sofferenza altrui. Forse solo adesso, dopo tantissimi anni, capisco l’insegnamento che involontariamente mia zia ci ha dato. Quando la prendo in braccio per sollevarla dalla carrozzella, per me è leggera, leggerissima come un petalo di un fiore , magari di quelli di San Remo.
Pietro Mereu
Tratto da www.lindro.it del 20-01-2011